E’ in pieno fermento il Consorzio di Tutela della Doc Monreale che con le sue otto aziende oggi aderenti al Consorzio di Tutela (Alessandro di Camporeale, Case Alte, Feudo Disisa, Marchesi de Gregorio, Porta del Vento, Principe di Corleone, Sallier de La Tour e Terre di Gratia) e con l’entrata in vigore del nuovo disciplinare di produzione, punta a promuovere e valorizzare vitigni, vini e territorio.
Diverse le iniziative che la Doc Monreale tra la fine del 2024 e il 2025 produrrà per promuovere l’enoturismo ed i luoghi della cultura e dell’arte che ruotano attorno alle cantine con quel patrimonio Arabo-Normanno, musei ed importanti aree archeologiche che meritano di essere conosciute e visitate.
Il vigneto della città di Palermo
Obiettivo principale la verticalizzazione produttiva centrata sui tre vitigni principe: catarratto, perricone e syrah, con la creazione di uno strumento condiviso della Carta dei vini della DOC Monreale con ben sedici vini inseriti per offrire al pubblico e al mondo della ristorazione un’offerta complessiva che, seppur nelle diversità e stili produttivi, è in grado di affermare un’identità vitivinicola autentica. Non è un caso che la DOC Monreale venga considerata il vigneto della città di Palermo.
La DOC Monreale
Il Consorzio si estende a sud della provincia di Palermo, coinvolgendo i comuni di Monreale, Piana degli Albanesi, Camporeale, San Giuseppe Jato, San Cipirello, Santa Cristina Gela, Corleone e Roccamena, ed è la denominazione più estesa in questa zona occidentale dell’isola, con tanti microclimi e tipologie di prodotti al suo interno. In questo lembo di terra non solo fasti e vicende di popoli antichi che hanno segnato il destino dell’isola, ma anche l’amore per la coltivazione della vite che diventa espressione di una cultura rurale che ha definito la stessa essenza delle comunità locali.
«Abbiamo tutte le carte in regola per consolidarci come Consorzio di riferimento del palermitano, e non solo – afferma Mario Di Lorenzo, Presidente della Doc di Monreale –. Ripartiamo da noi, dalle comunità locali, accogliendo piccoli e grandi produttori, mettendo a frutto nuove sinergie con le istituzioni locali, la cultura, la ristorazione qualificata e i tanti luoghi dell’itinerario arabo-normanno» -.